Escursione di fine anno - Il Monte Viglio


Per l’ultima uscita del 2011 alla fine è stato sorteggiato il Viglio e così Giacomo, Augusto, Luca, Simone ed io ci siamo trovati al mattino presto a Valmontone diretti alla volta del Valico di S.Antonio dove ci saremmo uniti a Federico. Salendo da Filettino la montagna appariva innevata si, ma non troppo, ed alcune lucentezze evidenziavano la presenza diffusa di spazi ghiacciati. Allo slargo del valico il clima era appena freddo e senza vento il che lasciava presagire una splendida e soleggiata escursione nonché molto probabilmente una bella ‘ramponata’, cosa che avrebbe sicuramente fatto felici alcuni di noi che avrebbero potuto calzare i loro preziosissimi strumenti per la prima volta! Il percorso da seguire è arci noto e non serve quindi relazionarne lo sviluppo, dico solo che fatto con la montagna nelle buone condizioni di innevamento che abbiamo trovato è in grado di infondere belle emozioni, specialmente nei passaggi che precedono immediatamente la vetta. L’avvio in piano che porta alla Fonte Moscosa consente un utile pre-riscaldamento ed un’occasione per parlare un pò: quelli di noi già stati sul Viglio elargiscono anticipazioni agli altri su quello che di li a poco si sarebbe parato innanzi agli occhi, ed in effetti una volta giunti alla Madonnina lo spettacolo sulle montagne ancora una volta non ha deluso: l’aria tersa e l’eccellente illuminazione lasciavano spaziare lo sguardo sino all’infinito e … già questo sarebbe bastato a ripagare il biglietto pagato per la levataccia. Poco dopo aver ripreso a camminare, al primo accenno di salita un pò più marcata e qualche primo timido accenno di scivolata, sentiamo la necessità di indossare i ramponi: sicuramente molto prima delle attese ma il vento deve aver spostato parecchia neve via dalle creste e quella che è rimasta è completamente gelata; la cosa non ci dispiace affatto perché aggiunge da subito un pizzico in più di avventura! Cominciamo la salita verso la Cima dei Cantari in un paesaggio di pietre e di ghiaccio, sempre accompagnati dagli scorci che si fanno più ampi mano a mano che guadagniamo quota mentre comincia a delinearsi all’orizzonte il famosissimo Gendarme sul cui superamento si accende la fantasia di chi non ci è già stato ed il piacere di un ripasso per chi invece già lo conosce. Questa volta però il canalino da percorrere appare quasi privo di neve e quindi … chissa?? Mentre gli altri allungano a passo lesto, ormai irrimediabilmente attratti dall’agognato macigno, Simone ed io ci intratteniamo qualche momento in più sulla Cima dei Cantari ed è per me un grande piacere da padre poter raccontare ad un figlio storie mirabolanti sulle vette che ci circondano (sotto sotto con l’idea interessata di far crescere in lui questa mia stessa passione così da assicurarmi un fedele accompagnatore quando sarò nella terza età … cioè tra poco!). Quando riprendiamo il cammino gli altri compagni sono già ai piedi del Gendarme, fermi, immagino intenti a studiare come affrontare al meglio il passaggio. E siccome li vedo esitare un pò comincio a pensare che forse per questa volta sarà meglio aggirare l’ostacolo dal basso per poi ricongiungerci dall’altro versante. L’aggiramento del monolito roccioso si rivela comunque meno immediato del previsto e richiede molta concentrazione per via dell’esposizione e del traverso ghiacciato che i ramponi riescono appena ad incidere; ci riserva però un’interessante susseguirsi di stalattiti di ghiaccio che meritano qualche foto ed una sosta di osservazione, in particolare alcune che sembrano misteriosamente fuoriuscire dai fori nella roccia quasi fossero dei fontanili congelatisi all’istante. Ancora qualche passo nel cono d’ombra proiettato dal gigante ed usciamo dall’altro lato dove ritroviamo i compagni; Luca mi spiega che ci hanno messo più tempo per le cattive condizioni del canalino (ghiaccio sottile e liscio come vetro) che hanno costretto ad inventarsi un altro passaggio meno lineare ma alla fine molto più sicuro, meglio così. Si riprende la marcia per l’ultimo tratto sul filo della cresta, lentamente, con grande attenzione per via di un manto di neve riportata dal vento - che a stento aderisce su quella ghiacciata sottostante - sempre pronta a scivolare via verso il basso sotto il peso dei nostri passi. Così metro dopo metro, con la sensazione di essere in capo al mondo, raggiungiamo la cima e con essa un certo senso di liberazione visto che ora possiamo muoverci in piano, finalmente senza più alcun problema. Il cielo è limpido come quando tira la tramontana solo che oggi non c’è vento e starsene quassù è davvero un grande piacere e poi si vede anche il mare Adriatico così chiaramente, come se fosse lì, a portata di mano. Leggo la soddisfazione negli occhi dei compagni, la salita è stata effettivamente molto bella ed arricchita da qualche spunto più tecnico il che ci fa sentire fieri della nostra piccola impresa! Per il ritorno decidiamo di diversificare un pò e quindi passa la proposta che, mentre Federico ed io torniamo per la via dell’andata a riprenderci le auto, Giacomo, Augusto, Luca e Simone potranno scendere dal versante occidentale della montagna fino a raggiungere la Valle Granara. Dunque ci salutiamo e ci incamminiamo voltandoci spesso a guardare all’indietro finchè non diventiamo tutti piccoli piccoli sino a scomparire alla reciproca vista. Poi con Federico ci concediamo qualche deviazione rispetto all’andata e seguiamo una linea a mezza costa su splendidi ma infidi traversi di ghiaccio azzurro come il cielo. Non ci siamo fatti davvero ripetere due volte il magnanimo pensiero che hanno avuto i nostri compagni e, ringraziandoli, abbiamo preso la direzione opposta. Sotto di noi si snodava in maniera dolce e armoniosa la cresta del Viglio che in direzione della Valle Granara ci avrebbe condotto sulla strada che unisce Filettino a Campo Staffi dove ci saremmo ricongiunti con GDS e Fed. Questo inatteso cambio di programma aveva rigenerato le nostre energie; un itinerario di ritorno sconosciuto a noi quattro moschettieri che lo avevamo appena iniziato era motivo di curiosità e aspettative come ogni novità che si rispetti. Con passo veloce, caretteristica fondamentale di ogni discesa, ci lasciamo alle spalle la croce di vetta seguendo la cresta lungo il percorso marcato in loco come 696b, perfettamente indicato con bolli ripetuti in modo evidente e preciso. Dopo un primo breve pendio che ci toglie dalla vista la croce del Viglio è già ora di toglierci i ramponi: le roccette ora affiorano in maniera più insistente e la neve è sempre più rada e meno ghiacciata. La sosta è breve; rimessi i vitali ramponi nello zaino e tolte le ghette scorgiamo due puntini colorati alla spalle del Gendarme che proseguono spediti sull’originale via del ritorno: i nostri amici camminano di buon passo in direzione dei Cantari. Riprendiamo la marcia dopo esserci destati dall’incantevole panorama che ci offre quella dorsale: da un lato la cima del Viglio ormai nascosta lascia spazio al suo Gendarme e ai Cantari, più dietro, che nascondono in parte il marcato sentiero che conduce al Passo di S.Antonio; davanti a noi questa morbida cresta che stiamo percorrendo confluisce sinuosamente verso le prime case di Filettino. Pian piano questo colpo d’occhio viene meno: una ricca faggeta abbraccia il nostro sentiero e seppur ci toglierà la piacevole vista ammirata fin’ora, ci ripagherà presto facendoci vivevere quelle emozioni che sa infondere un bosco vestito d’inverno. Gli alti fusti, spogli,sembrano slanciarsi verso l’infinito di un cielo azzurro che ne risalta l’eleganza; alla loro base una neve bassa e soffice li calza tanto quanto basta da nasconderne le irregolarità del terreno così da renderli uniformemente allineati; i bolli CAI, costanti e precisi, ci accompagnano senza farci mai indugiare se non per catturare qualche particolare scorcio che quella splendida faggeta ci offirva. Il nostro procedere, energico e sicuro, ormai abbandonato da ogni alito di vento non ci trova più intirizziti dal vento ma riscaldati dal tepore che quel bosco sembra trasmetterci. Proseguiamo in silenzio, ciascuno immerso nei suoi pensieri...vivo questo momento come uno dei più belli di ciascun escursione: è il tempo in cui della compagnia si sente solto il calpestio sulla neve rotto di tanto in tanto da qualche urto su un ramoscello, e la mente, i pensieri di ognuno spaziano su mondi differenti, su temi differenti o magari sugli stessi attimi appena vissuti insieme, ma che ciascuno sentirà a modo suoi e terrà gelosamente per se. D’improvviso la strada! Gli alberi diventano più radi e s’intrvede la nostra meta...la fine della nostra bellissima passeggiata. Ci ritorna la voglia di chiacchierare e di scherzare; riprendono gli sfotto, i commenti sulla piacevole via del ritorno e, caratteristica delle nostre uscite, in questo momento iniziamo a pensare a quale potrà essere la prossima uscita! E’ un modo per celebrare la giornata, un tentativo di non farla finire, per continuare a vivere insieme di future mete da condividere. Pezze della Macchia ed i suoi 1230 metri ci vede calpestare la strada che l’attraversa solari e burloni in attesa dei nostri due benefattori. Sulla via del ritorno, tappa d’obbligo è il primo bar di Filittino che incontriamo per il congedo dal nostro buon Federico e la partenza verso il ritorno alle nostre case.